E insomma, al netto della retorica dell'a-ognuno- quel-che-si-merita, possiamo dire che all'oggi la nostra generazione ha le canzonette peggiori. Non che ci si voglia sempre lamentare, per carità, ma avere come canzone di formazione 'mi fido di te' di Jovanotti son cose che segnano una storia politica. Soprattutto se il ritornello fa 'cosa sei disposto a perdere?'.
Certo, in questa sfida al giovanilismo più suicida anche Bersani ha sfoderato l'artiglieria, andando a ripescare il sempreverde Vasco di 'Un senso', e anche in questo caso è tutto uno sventolare di accendini canticchiando 'anche se questa storia, un senso non ce l'ha'.
Cose che quasi (ma anche no) fanno invidiare quell'accattivante motivetto che è 'Meno male che Silvio c'è': un po' ripetitivo forse, ma senza il rischio di vaticini nefasti nascosti tra le strofe.
Prima regola delle canzonette: non importa quanto il titolo possa essere azzeccato per la campagna elettorale e importa ancora meno che il fonico sfumi guarda caso proprio su quella rima portajella, se fai il giovane dentro che conosce i gusti dei giovani fuori devi sapere che sulla Smemoranda i testi delle canzoni si copiano per intero, terze strofe incluse, ovviamente dopo averle mandate a memoria.
E pensare che noi di sinistra ci vantiamo da sempre di avere i cantautori migliori, di quelli che si inventavano versi tipo 'una locomotiva/come una cosa viva/lanciata a bomba contro l'ingiustizia' e a nessuno importava che quella santa canzonetta avesse più strofe de 'il 5 maggio" di Manzoni: tutti dico tutti la sapevano a memoria, con buona pace della professoressa di italiano lasciata appesa a un 'dall'Alpi alle Piramidi/dal Manzanarre al Reno', e poi?.
Certo, in fondo un po’ son da capire i politici di sinistra, mica di mestiere tengono rubriche di musica, e poi ci hanno messo quattro-dico-quattro anni a decidersi che dal palco si saluta in versione ufficiale con 'cari democratici', tralasciando quello spinoso 'amici-e-compagni', non si può mica poi sparare in cassa 'Bella Ciao'.
Non che non la si canti più, intendiamoci, quella rimane l'evergreen più evergreen di sempre e non mandarla almeno una volta è sinonimo di sicuro flop da immaginario collettivo. Però adesso serve a scaldare gli animi prima dell'inizio, e per fortuna in questo caso non serve sfumare nessuna strofa.
Certo, c'è da dire che non è facile scegliere la canzone corretta da fine manifestazione, quella che chi è durato ore sotto il palco si fermi per altri tre minuti emmezzo a cantare e che faccia sentir parte di quel qualcosa che.
E qui arriviamo alla seconda regola della perfetta canzone scaldacuore: deve essere cantabile. Di quelle con la strofa che sale e sale fino al ritornello e lì senti la piazza che parte.
Provateci un po' con 'mi fido di te' o 'un senso'. Non è puntiglio, ma Vasco e Jovanotti sono gli unici due cantanti italiani che non cantano. Ora però ci si sta riprovando, adesso a fine manifestazione parte Neffa con 'Cambierà'. E il primo che si lagna che loro-Guccini-noi-Neffa paga pegno e la recita a memoria dal palco, questa ‘Cambierà’, strofe comprese.
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